Allora
avevo
diciott’anni e immaginai un porto di Anversa, un vicolo buio che sfociava in
acque brumose, tra mercanzie di luoghi lontani come ammucchiate rovine; e un
uomo, un estraneo, un passaggio zenitale in mezzo alle sirene occasionali delle
navi in mezzo all’opacità dell’alba in mezzo alla mia debolezza.
Qualcuno mi aspetta, scrissi. Sarà quello sconosciuto.
Il porto
di Anversa era un film muto, la nebbia era una dissolvenza in bianco e nero, in
un profilo di corpi mansueti in un profilo di edificazioni permeabili in un
profilo di mani illuminate nel profilo di uno sconosciuto.
Giungo attraverso queste parole. Torno al
racconto, ai moli.
Lo dico e non ho altro che questa visione
inventata per seguirmi ora in quell’ora.
(Traducción de Paola Laskaris)
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